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giovedì 13 luglio 2023

Dodici Metodi per Risolvere il Problema Climatico.




L’esistenza del “riscaldamento globale” cominciò a essere chiara circa 50 anni fa. Negli anni 1990, cominciò a pensare che era un problema. Da allora, non sono mancate le proposte per risolverlo. Eccone alcune

  1. Il metodo “il climatologo sono io”. Il riscaldamento globale non non è causato dall'uomo, e questo è provato dagli elefanti di Annibale, dai sentieri alpini nel Medio Evo, dai vichinghi in Groenlandia, e da quello che ho sentito raccontare da mio cugino.
  2. Il metodo “Non mi fregate un'altra volta!” Dopo che gli scienziati ci hanno imbrogliato così pesantemente con la storia del Covid, non credo più a niente che abbia a che vedere con la “Scienzah”. Quindi, il problema climatico non esiste. E la Terra è piatta.
  3. Il metodo “la scienza ci salverà”. Basta aspettare che venga fuori la fusione nucleare, l’idrogeno, l’energia di punto zero, il buco nero tascabile, o qualcosa del genere. Io ci credo. Perché, voi no?
  4. Il metodo “Greta Thunberg”. Battere i piedi per terra e urlare “qualcuno faccia qualcosa.” Include slogan tipo “ci state rubando il futuro” e macchiare opere d’arte famose con vernice lavabile.
  5. Il metodo “decrescita”. Se tutti stiamo al buio e al freddo, andiamo a piedi, e mangiamo solo patate coltivate nell’orto, allora non solo risolveremo il problema, ma saremo anche molto felici.
  6. Il metodo “bisogna cambiare il modello di sviluppo”. Nessuno sa esattamente cosa vuol dire, ma in certi ambienti fa figo dirlo.
  7. Il metodo “fighetti verdi”. Compriamo solo prodotti certificati come ecologici, andiamo a piedi e in bicicletta, spegniamo la luce quando usciamo di casa. E’ vero che in estate ci facciamo la nostra vacanzina a Sciarm in aereo, ma ce la meritiamo.
  8. Il metodo “IPCC”. Facciamo delle grandi conferenze dove tutti arrivano in aereo per discutere piani dettagliatissimi su come ridurre le emissioni. Poi nessuno li segue, ma non è colpa nostra.
  9. Il metodo “Comune di Bugliano”. I pannelli fotovoltaici si possono installare liberamente sui tetti del nostro comune, ma devono essere rossi, non li si possono mettere sui tetti visibili dalla strada e, per evitare riflessi pericolosi, solo in zone dove non batte il sole.
  10. Il metodo "World Economic Forum" (WEF). Usiamo gli stessi metodi che abbiamo usato durante la pandemia. Per prima cosa, vi chiudiamo in casa tutti quanti (tanto abbiamo visto che non protestate), ma stavolta non vi facciamo più uscire. E poi vi daremo insetti da mangiare. 
  11. Il metodo Bill Gates. Spruzziamo gigantesche quantità di robaccia nell'atmosfera per schermare il sole. Tanto, cosa potrebbe andare storto?

Ovviamente, vi potete divertire ad aggiungere altre cose ma, a parte gli scherzi, diciamo che da ora in poi, sarà bene cominciare a pensare a qualcosa di più serio e di più incisivo, altrimenti non la sbarchiamo. Io propongo sempre la stessa cosa: massimo sforzo sulle energie rinnovabili, così almeno ci liberiamo della fonte principale del problema, i combustibili fossili. Può darsi che non basti, ma almeno ritardiamo il menu a base di insetti. 


venerdì 30 giugno 2023

I Prossimi Cento Anni: una Storia in tre Scenari

Guardando indietro a come si vedeva il futuro mezzo secolo fa, è sorprendente vedere come le cose siano cambiate. Quando la conquista dello spazio sembrava essere la via ovvia per il futuro, nessuno avrebbe immaginato che, oggi, si sarebbe discusso delle probabilità di sopravvivenza dell'umanità, e che molti di noi l'avrebbero giudicata basse. 

Eppure, anche se il futuro rimane oscuro, segue ancora le leggi dell'universo. E una di queste leggi è che le civiltà esistono perché hanno una scorta di energia. Nessuna energia, nessuna civiltà. Quindi, l'elemento chiave del futuro è l'energia; l'idea che fosse economica e abbondante fece nascere negli anni '50 il sogno della conquista dello spazio. Oggi, l'idea che non sarà né l'una né l'altra cosa fa sorgere prospettive di sventura. 

Quindi, permettetemi di provare una semplice "analisi di scenario" di ciò che potrebbe accadere in futuro nel prossimo secolo o giù di lì in termini di scelte che determineranno l'infrastruttura energetica che potrebbe supportare una civiltà complessa (se ce ne sarà una che sopravviverà). Siamo in un momento di transizione e le scelte che verranno fatte nei prossimi anni (non decenni) determineranno il futuro dell'umanità. 

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Scenario #0: crollo . Lo chiamo "non scenario" nel senso che presuppone che non si faccia nulla o, comunque, troppo poco e troppo tardi. In questo caso le persone rimangono bloccate nei loro vecchi paradigmi, le risorse che tenevano in vita la società non vengono sostituite e diventa impossibile mantenere un grado di complessità paragonabile a quello attuale. Nel giro di qualche decennio, gli esseri umani torneranno a un'economia che potremmo descrivere come "medievale", se siamo fortunati. Ma potremmo anche tornare al livello di cacciatori e raccoglitori o addirittura, semplicemente, estinguerci. Personalmente, vedo questo scenario come il più probabile, ma non un esito obbligato della situazione attuale.

Scenario n. 1: attaccarsi ai combustibili fossili . Qui si ripetono gli eventi che hanno portato ad arginare il declino della produzione petrolifera nei primi due decenni del XX secolo. È stato fatto riversando grandi quantità di risorse nel "fracking" dei depositi di tight oil (petrolio di scisto). Ha prodotto una risurrezione temporanea dell'industria petrolifera negli Stati Uniti, portando la produzione a livelli mai visti prima, anche se con enormi costi economici e ambientali. La stessa politica potrebbe essere continuata con sforzi rinnovati, per esempio, sfruttando depositi di tight oil al di fuori degli Stati Uniti, sabbie bituminose, o magari ricavando combustibili sintetici dal carbone. Ciò potrebbe mantenere la produzione di combustibili fossili a livelli simili a quelli attuali. Permetterebbe di mantenere in vita gli apparati militari dei principali stati, e almeno alcune delle attuali organizzazioni e strutture sociali. Ma il costo sarebbe enorme, e implicherebbe ridurre alla fame la maggior parte della popolazione mondiale, oltre a danni inimmaginabili all'ecosistema. Questa strategia potrebbe mantenere una parvenza dell'attuale civiltà in corso per alcuni decenni, poco più della fine del secolo. Poi, siamo allo scenario zero.

Scenario n. 2: passaggio al nucleareSostenere una società complessa sull'energia nucleare può essere forse possibile, ma è complicato da diversi fattori. Tra questi ci sono le limitate risorse di uranio, la necessità di risorse minerali rare per gli impianti ei problemi strategici coinvolti nella diffusione delle tecnologie nucleari e della conoscenza della lavorazione dell'uranio in tutto il mondo. A causa delle quantità limitate di uranio minerale, è ben noto che la tecnologia esistente dei reattori ad acqua leggera non sarebbe in grado di soddisfare l'attuale domanda globale di energia per più di qualche decennio, nel migliore dei casi per un secolo circa. Quindi il risultato sarebbe di nuovo lo scenario n. 0. La fornitura di carburante potrebbe essere notevolmente aumentata passando all'impegnativo compito di "creare" nuovi combustibili dal torio o dall'uranio non fissile. Se ciò fosse possibile, una civiltà complessa potrebbe continuare ad esistere per diversi secoli, o anche di più. In tutti i casi, una guerra che prendesse di mira le centrali nucleari manderebbe rapidamente una civiltà nucleare allo scenario zero.

Scenario #3: L'Era Solare . In questo caso si assiste alla continuazione del trend in atto che vede in rapida espansione le tecnologie per le energie rinnovabili, principalmente solare fotovoltaico ed eolico. Se questa espansione continua, può rendere obsoleti sia i combustibili fossili che l'energia nucleare. Le tecnologie rinnovabili hanno un buon ritorno energetico sugli investimenti energetici (EROEI) e scarso fabbisogno di minerali rari. Le rinnovabili non sono un problema strategico, non hanno un interesse militare diretto e possono essere utilizzate ovunque. Gli impianti possono essere riciclati e ci si aspetta che siano in grado di supportare una società complessa; anche se in una forma che, oggi, possiamo solo a malapena immaginare. Un'infrastruttura basata sull'energia solare è anche naturalmente costretta a raggiungere un certo grado di stabilità a causa del limitato flusso di energia solare disponibile. Quindi, una civiltà basata sul sole potrebbe raggiungere uno stato stabile che potrebbe durare almeno quanto hanno fatto le società agricole in passato, migliaia di anni o anche di più.

Scenari combinati #1, #2, #3: feudalizzazione.I tre scenari di cui sopra si basano sull'idea che la civiltà umana rimanga ragionevolmente "globale". In questo caso, la competizione tra diverse tecnologie si giocherebbe su scala globale e determinerebbe un vincitore che conquisterebbe l'intero mercato dell'energia. Ma non è necessariamente così se i sistemi economici del mondo si separano in sezioni indipendenti, come sembra stia accadendo in questo momento. In questo caso, alcune regioni potrebbero adottare strategie diverse, fossili, nucleare o rinnovabili, mentre altre verrebbero semplicemente tagliate fuori dal sistema di approvvigionamento energetico e andrebbero direttamente allo "Scenario zero". Con una minore domanda di energia, i problemi di esaurimento del nucleare e dei fossili sarebbero notevolmente alleviati, anche se, ovviamente, solo per una popolazione limitata. Si noti inoltre che queste regioni quasi indipendenti possono essere descritte come "feudali, 

I prossimi decenni decideranno quale direzione prenderà l'umanità. Nessuno ha le mani sul volante che muove l'oggetto gigantesco che chiamiamo "civiltà" e stiamo assistendo a sforzi per spingerla in uno dei tre scenari di cui sopra (alcune persone sembrano persino spingere attivamente per lo scenario n. 0, un'espressione di ciò che Sigmund Freud chiamava "istinto di morte"). 

Il problema, qui, è che il sistema di governance occidentale si è evoluto in modo tale che nessuna decisione può essere presa a meno che alcuni gruppi o settori della società non vengano demonizzati, e quindi si crei una narrazione che implichi la lotta contro un nemico comune. In altre parole, nessuna decisione può essere presa sulla base del bene comune, ma solo come risultato del confronto delle lobby impegnate a sostenere le diverse opzioni. (*)

Abbiamo visto operare il meccanismo decisionale basato sulla demonizzazione negli ultimi decenni. È una procedura ben affinata, e ci si può aspettare che venga applicata anche all'allocazione delle risorse per nuove strategie energetiche. Abbiamo già visto demonizzare una tecnologia energetica; è stato il caso dell'energia nucleare negli anni '70, bersaglio di una fortunata campagna propagandistica che l'ha presentata come nemica dell'umanità. Oggi le rinnovabili e tutto ciò che è "verde" potrebbero presto essere vittime di una nuova campagna di demonizzazione volta a promuovere l'energia nucleare. Lo stiamo vedendo nelle sue fasi iniziali ( vedi questo articolo di George Monbiot ), ma sta chiaramente crescendo e sta avendo un certo successo.

Nulla è ancora deciso, ma la scritta è sulle pale delle pale eoliche. La propaganda governa il mondo e continuerà a governarlo finché le persone si innamoreranno di essa. 


(*) Simon Sheridan fornisce un'interessante discussione sui meccanismi decisionali interni della società moderna, definiti "esoterici" nel senso di essere nascosti, a differenza dell'"exoterico", ad esempio il meccanismo decisionale pubblico, che è solo un riflesso del processo esoterico . 

(**) Per scenari molto più a lungo termine, vedi il mio post: " I prossimi dieci miliardi di anni " 

martedì 20 giugno 2023

Energia: uno che ha capito qualcosa fra i molti che non hanno capito nulla.

 


Mauro Romanelli parte subito bene con il titolo del suo libro, "La Risposta". C'è una sottile, ma non tanto sottile, differenza tra "risposta" e "soluzione." Normalmente, quando si parla di "problema energetico", oppure "problema climatico", oppure "problema ecologico" si parla di soluzione, ma la soluzione a un problema vuol dire che il problema non esiste più dopo che lo hai risolto. Se hai un equazione, la risolvi, trovi la soluzione, e poi la cosa finisce lì. Allo stesso modo, nel caso, del problema energetico, la soluzione vuol dire far sparire il problema sostituendo i combustibili fossili con qualche altra cosa che brucia, tipo idrogeno o biocombustibili, ma che non cambia niente altro. Non funziona così.

La risposta non è la stessa cosa di una soluzione. La risposta vuol dire affrontare il problema. Vuol dire capirlo e viverci in qualche modo insieme. Dare una risposta è un concetto politico, non puramente tecnico. E se non capiamo bene questo punto, saremo condannati a rincorrere soluzioni che non esistono.  E che non possono nemmeno esistere.

Un altro punto che Romanelli azzecca in pieno è quando parla di "borghesia innovativa delle energie rinnovabili", Finché le rinnovabili sono viste soltanto come una tecnologia, non ci porteranno in nessun posto. Ma una volta che abbiamo capito che sono un concetto profondamente politico, vuol dire che c'è una sezione del corpo sociale che ne fa una propria bandiera. 

Politica dell'energia, l'energia come politica. Era Lenin che diceva che "il comunismo è i soviet più l'elettrificazione". Non aveva torto: la parola "Soviet" in Russo vuol dire semplicemente "cooperativa" e l'idea era di mettere in mano alle cooperative i mezzi di produzione -- quello dell'elettricità era il principale, alla base di tutti gli altri. 

E ora siamo davanti a qualcosa di simile, ma più vicino alla rivoluzione francese che a quella del comunismo sovietico. Chi controllerà i futuri mezzi di produzione dell'energia? Chiaramente, le elite attuali hanno tutto l'interesse di mantenere il controllo della produzione di fossili, o al massimo di muoversi verso il nucleare, il cui controllo può essere militarizzato e centralizzato. Viceversa, sta nascendo una nuova classe politica che vede la propria prosperità economica basata sulle energie distribuite sul territorio. Se cresce a sufficienza, potrà sostituire la vecchia nobiltà fossile; sperabilmente senza l'uso della ghigliottina. E' questa una possibile strada per il futuro. 

Ma se uno ha capito più o meno tutto, tanti altri non han capito proprio niente, specialmente fra i "verdi" e gli ecologisti che dovrebbero essere quelli che spingono in questa direzione. Anche alla presentazione del libro di Romanelli, l'altro giorno a Firenze, abbiamo visto intervenire una delegazione di quelli che fanno i cortei contro le pale eoliche perché "deturpano il paesaggio." E non si rendono conto di quanto sia cruciale in questo momento lasciare aperta la strada all'energia rinnovabile, prima che la propaganda nuclearista la schiacci, come sta per succedere se lo lasciamo succedere. 

Anche su questo, Romanelli ha capito più o meno tutto quando dice: non c'è niente da fare, un certo impatto sul territorio le rinnovabili lo devono avere per forza. Se non volete questo impatto, avrete altri impatti sulla vostra vita che probabilmente non vi piaceranno affatto. E il libro spiega molto bene e in termini semplici come funzionano le rinnovabili e che impatto e quale effetti avranno se ci lavoreremo sopra.  


Mauro Romanelli lo conosco da almeno una trentina d'anni, dai tempi in cui la "Lista Verde" era un gruppo di persone speranzose di poter fare qualcosa di buono e di utile. Su tante cose ci siamo anche litigati a morte, ma mi fa piacere  vedere che è ancora sulla breccia e che ha imparato le cose giuste. Bravo Mauro, continua così!





mercoledì 14 giugno 2023

Ma cos'è questo EROEI (Energy Return on Energy Invested)? E perché è così importante?



Se sei un leone, non devi solo correre più veloce di una gazzella; devi assicurarti che l'energia metabolica che ottieni mangiando la gazzella sia superiore all'energia che hai usato per la caccia. Se no, muori. È la dura legge dell'EROI. 


Il concetto di Energy Return on Energy Invested (EROI o EROEI) esiste da molto tempo. È stato introdotto nella sua forma moderna negli anni '80 da Charles Hall, ma è parte della termodinamica dei sistemi di non equilibrio. Può essere facilmente compreso se lo vediamo come l'equivalente del ROI (ritorno sull'investimento). Il ROI (EROI) è dato dal denaro (energia) restituito da un certo investimento (infrastruttura energetica) diviso per l'investimento monetario (energia). C'è bisogno di un valore maggiore di uno affinché un investimento abbia un senso o, se sei un leone, per sopravvivere. Grandi valori di questo parametro rendono la vita facile agli investitori, ai produttori di energia e ai leoni (ma non alle gazzelle). 

Fino a tempi recenti l'opinione comune era che l'EROEI dei combustibili fossili fosse molto alto: durante il periodo di massimo splendore dell'estrazione del petrolio si diceva che fosse intorno a 100. Pensate a un investimento che vi restituisce il capitale moltiplicato per uno cento (!!), e si capisce perché il petrolio era, e rimane, così importante per la nostra società. Allo stesso tempo, l'EROEI dell'energia rinnovabile è stato calcolato nell'ordine di 5-7, con alcuni studi che lo collocavano addirittura sotto 1. Ciò ha dato origine alla narrativa secondo cui solo il petrolio e altri combustibili fossili potrebbero sostenere una civiltà industriale e che le rinnovabili in realtà non lo fossero; nella migliore delle ipotesi erano "sostituibili" fintanto che c'era petrolio disponibile. La conseguenza è stata l'enfasi sulle soluzioni sociali e politiche: decrescita, risparmio energetico, ritorno a una economia rurale o, semplicemente, morire tutti quanti e buonanotte. 

Quanto velocemente cambiano le cose! Nuovi studi, tra cui uno di Murphy et al ., hanno rivelato che l'EROEI del petrolio potrebbe non essere mai stato così alto come si pensava. Bisogna tener conto che il petrolio di per sé è inutile: deve essere trasportato, raffinato e bruciato all'interno di motori poco efficienti per fornire energia alla società. Quindi è corretto calcolare l'EROEI del petrolio al “punto di utilizzo” piuttosto che alla “bocca del pozzo”. Fatto ciò, si scopre che l'EROEI del petrolio potrebbe essere (ed essere stato) inferiore a 10. Allo stesso tempo, il progresso tecnologico e i fattori di scala hanno portato a un miglioramento dell'EROEI delle rinnovabili (eolico e fotovoltaico) ben oltre 10. 

Ora, il paradigma è ribaltato. Le rinnovabili sono veramente rinnovabili, mentre il petrolio non lo è mai stato. Questo ci dà la possibilità di rivisitare il paradigma dominante di come affrontare la crisi energetica. Il nuovo paradigma è che possiamo ricostruire una società sulla base delle energie rinnovabili. Non sarà uguale a quella creato dal petrolio, e potremmo dover accettare una considerevole contrazione economica nel processo per arrivarci. Ma ci offre una possibilità concreta per creare una società resiliente e prospera. 

Certo, non tutti sono d'accordo su questi concetti ed è in corso una vivace discussione in cui diverse persone stanno difendendo il vecchio paradigma. Un argomento nella discussione dice che se usi l'energia del petrolio per raffinare il petrolio, quell'energia non dovrebbe essere conteggiata nel denominatore del rapporto EROEI. E, quindi, che l'EROEI dei combustibili fossili è molto più grande di quanto indicano i recenti calcoli. Questo è sciocco: l'energia è energia, non importa da dove venga. Nafeez Ahmed discute questo punto in dettaglio nel suo blog, " The Age of Transformation " dicendo, tra le altre cose, che:


.. .. il geologo petrolifero Art Berman ha pubblicato un post affermando anche che l'articolo di Murphy et. è fondamentalmente errato. Ha concluso che se Murphy e i suoi coautori avessero ragione, allora decenni di ricerca sull'EROEI che mostrano valori estremamente alti per i combustibili fossili sarebbero sbagliati. Ripete lo stesso argomento di Hagens, e poi lo usa per offrire un nuovo calcolo:

Quasi il 9% dei costi totali post-estrazione del petrolio sono per la raffinazione. Eppure la maggior parte dell'energia per la raffinazione proviene dal petrolio greggio e dai prodotti raffinati utilizzati nella raffineria. È, in effetti, co-generato. Ciò non annulla l'investimento energetico necessario per far funzionare la raffineria ma non è un costo per la società come indicato nella tabella... Ho diviso il loro 8,9% per l'investimento di raffinazione per 3 per tenere conto della cogenerazione sopra descritta (probabilmente è molto inferiore). L'EROEI petrolifero risultante è 18. Ciò rimuove completamente la buona notizia dai proclami di Ahmed e Bardi di "missione compiuta" e riporta l'EROEI petrolifero all'intervallo di consenso degli ultimi due decenni.

L'errore chiave in questa argomentazione è dove Berman dice: "Ciò non nega l'investimento energetico necessario per far funzionare la raffineria, ma non è un costo per la società come indicato nella tabella".

Ma non è corretto. Il termine "costo per la società" si riferisce proprio all'energia investita che non è disponibile per l'uso da parte della società. Sebbene l'energia utilizzata per raffinare il petrolio greggio sia cogenerata, è ancora un input nel processo di raffinazione prima che il petrolio diventi disponibile per il lavoro effettivo nella società nella fase di "energia finale". In altre parole, l'energia viene utilizzata per raffinare il petrolio e quindi non è comunque disponibile per la società.

Quello che Berman e Hagens stanno effettivamente cercando di fare è classificare l'energia usata per raffinare il petrolio come un 'output energetico' che rappresenta un lavoro utile per la società al di fuori del sistema energetico. Ma questa classificazione non ha senso se si considera che rappresenta un lavoro specificamente legato in primo luogo a rendere l'energia utilizzabile per la società, perché il petrolio deve essere raffinato e lavorato prima di poter essere effettivamente convertito in energia utilizzabile per la società .

Berman si chiede inoltre che se l'EROEI per i combustibili fossili fosse molto più basso, come avrebbe potuto essere così redditizio? Come ha sottolineato lo scienziato Ugo Bardi, la redditività di un settore dipende da numerosi fattori esterni al sistema energetico legati al credito, ai mercati, alla politica economica, agli investimenti, ai valori valutari e non solo. Ma oltre a ciò, la linea di fondo è che Murphy et. La ricerca di al suggerisce che se il petrolio è stato redditizio con un EROEI molto più basso di quanto si credesse in precedenza, allora le ipotesi precedenti sulla prosperità economica che richiedono livelli di EROEI molto più alti sono discutibili.

A causa delle enormi perdite di efficienza della conversione dell'energia dal petrolio in forme utilizzabili (tra il 50 e il 70% dell'energia viene persa convertendo l'energia primaria in energia finale), poiché le energie rinnovabili evitano tali perdite, possono produrre circa il 50% in meno di energia per soddisfare la domanda. Ciò significa che il presunto EROEI minimo per sostenere una civiltà vitale derivata dai combustibili fossili potrebbe essere molto inferiore in un sistema più efficiente.

Come sottolinea Marco Raugei, il passaggio alle rinnovabili e all'elettrificazione “può aprire le porte al raggiungimento dei servizi richiesti con una domanda di energia primaria molto inferiore, il che a sua volta implica che può essere sufficiente un EROEI significativamente inferiore a quanto ipotizzato in precedenza”.


Per saperne di più sull'EROEI, potete esaminare questi documenti

The Role of Energy Return on Energy Invested (EROEI) in Complex Adaptive Systems ,  di Ilaria Perissi, Alessandro Lavacchi e Ugo Bardi, Energie, 2021

Peaking Dynamics of the Production Cycle of a Nonrinnovaable Resource ,  di Ilaria Perissi, Alessandro Lavacchi e Ugo Bardi, Sustainability 2023


domenica 4 giugno 2023

L'Uovo di Godzilla: Perché le Rinnovabili non Potranno mai Sostituire i Fossili (o forse si?)



Una delle prime incarnazioni del più famoso mostro giapponese. Fonte

Essendo un rettile (forse), Godzilla dovrebbe nascere da un uovo. Ma sarebbe un grosso errore pensare che la bestia adulta sarà piccola perché l'uovo è piccolo. Qualcosa di simile vale per l'energia rinnovabile, spesso criticata perché fornisce solo una piccola frazione dell'energia totale nel mondo. In questo post, esamino il "Paradosso dell'uovo di Godzilla" alla luce di due libri recenti, "Come funziona davvero il mondo" di Vaclav Smil e "Il superorganismo economico" di Carey King. 



Il concetto che "le rinnovabili non potranno mai..." assume molte forme, forse la più comune è che oggi forniscono solo una piccola frazione dell'energia prodotta dai combustibili fossili. E, quindi, questa frazione è destinata a rimanere piccola. Uso spesso la battuta che equivale a dire che Godzilla non potrebbe essere che una bestiolina a giudicare dalle dimensioni del suo uovo.

Una recente riformulazione del problema dell'uovo di Godzilla può essere trovata nel libro di Vaclav Smil, " Come funziona davvero il mondo " (Viking, 2022). Onestamente, è un libro deludente, soprattutto confrontando il suo contenuto con il titolo ambizioso. Non che ci sia qualcosa di specificamente sbagliato in questo. Smil ha eccellenti capacità di riportare dati quantitativi; il suo approccio è semplice e diretto; un buon esempio è la sua analisi dei rischi medi affrontati da una persona comune in termini di probabilità e frequenza. 

Ma questo libro? Riporta molti dati, ma tutti in forma testuale, non un singolo diagramma, nemmeno una tabella. Forse è così che deve essere un libro se deve diventare un "Bestseller internazionale del New York Times". Dopotutto, è noto che la maggior parte delle persone non è in grado di comprendere i diagrammi cartesiani. Tuttavia, i dati non sono sufficienti se non vengono interpretati in funzione delle loro tendenze. Ma l'analisi di Smil è quasi sempre statica; ti racconta la situazione attuale ma non come ci siamo arrivati ​​né cosa possiamo aspettarci in futuro.

Il problema è particolarmente visibile con il trattamento delle energie rinnovabili. L'intera discussione sull'energia è debole, per non parlare del tipico errore di riferire che, durante la crisi petrolifera degli anni '70, l'OPEC (l'organizzazione dei paesi esportatori di petrolio) "stabilì i prezzi" del petrolio. L'OPEC non fa e non può fare nulla del genere, anche se la sua gestione della produzione di petrolio influisce sicuramente sui prezzi.

A proposito di rinnovabili, il punto principale che Smil fa è che, oggi, rappresentano solo una piccola frazione della produzione mondiale di energia. Considerando l'enorme compito che ci attende, conclude che le energie rinnovabili avrebbero bisogno di molto tempo per sostituire i combustibili fossili, se mai lo faranno. Il problema principale in questa discussione è che Smil non utilizza il parametro "EROI" (energia restituita per energia investita). Questo parametro ti dice che, al giorno d'oggi, l'energia rinnovabile è più efficiente e rende più dei combustibili fossili e di qualsiasi altra tecnologia di produzione di energia. Mancando questo punto, l'intera discussione è viziata. Le energie rinnovabili possono e cresceranno rapidamente, almeno nel futuro a breve termine. E, nel medio e lungo periodo, sono destinati a sostituire la tecnologia inferiore dei combustibili fossili. Lo stesso vale per molti altri dati riportati; rimangono scarsamente utili se non analizzati in modo da dare un'idea di come evolveranno e cambieranno. Paradossalmente, ciò che manca a questo libro è esattamente ciò che promette il titolo: una spiegazione di come funziona il mondo.

La debolezza delle argomentazioni di Smil non significa che le rinnovabili sostituiranno rapidamente i combustibili fossili. Una cosa è ciò che è fattibile e un'altra è ciò che può effettivamente essere fatto entro i limiti di tempo e risorse. Per alcuni scenari dinamici della loro possibile crescita, puoi dare un'occhiata a un articolo che ho scritto insieme ai miei colleghi Sgouridis e Csala. È un po' datato (2016), ma i suoi metodi di base e le sue conclusioni sono ancora validi. E la conclusione è che è possibile sostituire i combustibili fossili con le rinnovabili, ma non è facile. Quello che possiamo dire al momento è che le rinnovabili stanno crescendo velocemente: si schiuderanno in un Godzilla a grandezza naturale, in grado di superare gli ostacoli che incontra?  


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Se volete davvero sapere come funziona il mondo e che ruolo ha l'energia in esso, puoi imparare molto di più dal libro di Carey King " The Economic Superorganism " (Springer 2021). È l'opposto del libro di Smil in termini di metodologia. L'approccio di King si basa sui principi fondamentali dell'economia biofisica: è un tentativo di spiegare come funziona il metabolismo economico del mondo e si evolve dinamicamente. Da qui il titolo, " superorganismo ", un modo per definire il sistema economico in termini simili a quelli di un sistema biologico (io preferisco usare il termine " olobionte " ma è la stessa idea.)

L'idea che l'economia sia un superorganismo deriva dal concetto che l'energia guida l'economia, proprio come fa per gli esseri viventi. Il libro Economic Superorganism fornisce storie, dati, scienza e filosofia per guidare i lettori attraverso gli argomenti di narrazioni concorrenti su energia, crescita e politica. Tra molte altre cose buone, è notevole per il suo tentativo di presentare diversi punti di vista in modo equilibrato. Aiuta anche a distinguere ciò che è tecnicamente possibile da ciò che è socialmente fattibile e a capire come il nostro futuro dipenda da questa distinzione. Su scala globale, la combinazione di un ambiente ricco di risorse, il coordinamento in gruppi, corporazioni e nazioni e la massimizzazione del surplus finanziario, vincolato all'energia e al carbonio, si traduce in un insensata fame di energia,

Ora, il superorganismo è nei guai. Proprio come gli esseri viventi, rischia di morire di fame. Potrebbe essere una buona cosa, considerando come il leviatano economico ha danneggiato più o meno tutto nella biosfera? O forse è ancora possibile addomesticare la grande bestia e costringerla a comportarsi un po' meglio? Forse. Anche se potremmo essere solo cellule di un'enorme bestia, c'è molto che possiamo imparare da questo libro. Sfortunatamente, anche se è scritto chiaramente e ben argomentato, non sarà mai un bestseller del New York Times. E questo potrebbe essere uno dei motivi per cui il superorganismo merita di collassare.

E le rinnovabili? Il libro di King non prende una posizione sì/no, e correttamente. Fornisce invece una trattazione completa dei vari aspetti della questione. Solo la descrizione del valore del concetto di EROEI vale l'intero libro. E, alla fine, andremo dove ci porterà il superorganismo.


mercoledì 17 maggio 2023

Ha fatto bene la Germania a chiudere le centrali nucleari?







Dal "Fatto Quotidiano" 8 Maggio 2023

E così, ci siamo arrivati. Sia pure con quattro mesi di ritardo rispetto al previsto, la Germania ha chiuso le sue ultime tre centrali nucleari il mese scorso. La notizia ha generato critiche un po’ da tutte le parti. Un certo settore del movimento ambientalista (incluso Greta Thunberg) ha sostenuto che le centrali non dovevano essere spente perché questo causerà un aumento della produzione di carbone e si è parlato con orrore della necessità di “aprire nuove miniere di lignite”. I nuclearisti, sia italiani che tedeschi, hanno lanciato urla di orrore, parlando di errore strategico irrimediabile.

In realtà, la chiusura delle centrali non era una decisione affrettata. Era inevitabile. Erano antiquate e obsolete e tenerle in funzione avrebbe richiesto pesanti costi di manutenzione; era meglio mettere quei soldi in nuovi impianti rinnovabili che rendono di più per la stessa spesa. Per non parlare dei problemi di sicurezza inerenti a tenere in vita centrali progettate negli anni 1970. C’era poi anche un problema strategico non da poco. La Germania non produce uranio sul suo territorio, e neppure ha impianti di arricchimento dell’uranio. Sembra (ma i dati non sono chiari) che finora la Germania abbia importato uranio arricchito principalmente dalla Russia e, chiaramente, non era il caso di trovarsi di nuovo a rischio di ricatto come con il gas naturale, anche quello importato dalla Russia.

In ogni caso, le ultime tre centrali producevano solo il 6% dei consumi della Germania e la loro chiusura viene compensata dall’efficientamento dei consumi e da nuovi impianti rinnovabili. Le emissioni di gas serra in Germania sono in discesa continua dal 1990, e non c’è nessuna evidenza di una ripresa della produzione di carbone.

Così, quello che stiamo vedendo non è altro che è il risultato di un programma di transizione verso l’energia rinnovabile, detto “EnergieWende” in tedesco. E’ un idea che è in giro dagli anni 1990, ma che sta diventando una realtà, non più soltanto uno slogan. Il piano è di dimezzare (come minimo) le emissioni di gas serra in Germania entro il 2030, per poi portarle a zero entro il 2050. I tedeschi hanno i loro difetti, come tutti, ma non sono noti per non saper pianificare le cose a lunga scadenza. Visto lo sviluppo rapido, addirittura esplosivo, delle rinnovabili negli ultimi anni, l’obbiettivo di emissioni zero entro il 2050 è non solo raggiungibile, ma addirittura conservativo.

Paesi come la Svizzera, il Belgio, la Spagna e la Svezia, stanno seguendo l’esempio della Germania e hanno pianificato la chiusura delle loro centrali nei prossimi anni. Rimane la Francia, il paese più “nuclearizzato” d’Europa, ma anche loro stanno cercando di ridurre la loro dipendenza da un parco di reattori obsoleti. Altri paesi europei stanno producendo nuovi reattori o considerando la possibilità di costruirli; ma nel complesso il ciclo dell’energia nucleare in Europa Occidentale si avvia verso la sua conclusione entro un paio di decenni.

Per quanto riguarda l’Italia, le prospettive dell’energia nucleare non sono buone. L’Italia non ha risorse minerali di uranio e ha abbandonato la tecnologia nucleare da un pezzo. Se volessimo ripartire, come alcuni propongono, dovremmo ricominciare da zero, importando materiali, conoscenza, e combustibile dall’estero a dei costi insostenibili. E i risultati non arriverebbero prima di un decennio, come minimo.

L’International Atomic Energy Agency, parla di 7-10 anni necessari per costruire nuovi impianti in paesi che hanno ancora una filiera di produzione, ma almeno 15-20 anni per quelli che non ce l’hanno, come l’Italia. Senza poi nessuna garanzia che quando gli impianti saranno in grado di produrre qualcuno ci darebbe il combustibile necessario per farli funzionare. Insomma, un certo ciclo è finito, mettiamoci il cuore in pace.

Possiamo pensare a nuove tecnologie nucleari che cambierebbero le carte in tavola? Forse sì, ma bisogna parlare di cose serie, non di annunci mirabolanti sui media senza prove che dietro ci sia qualcosa di funzionante. E quindi, vista la situazione, teniamo i piedi per terra e andiamo avanti con la transizione energetica più adatta per il “paese del sole”. Forza con le rinnovabili.

sabato 29 aprile 2023

Nucleare? Che idea Balzana!




Perché il nucleare pulito è una chimera
da "Il Manifesto" del 28 Aprile 2023

ENERGIA. Mentre la Germania spegneva le sue centrali atomiche, l’Italia ha partecipato da
«osservatore» a un meeting dei paesi nuclearisti

Gruppo di ricerca Energia per l'Italia (coordinato dal prof. Vincenzo Balzani)


Il 15 aprile la Germania ha spento i suoi ultimi tre reattori nucleari ancora in funzione (Isar 2, Emsland e Neckarwestheim), con quattro mesi di ritardo rispetto alla scadenza originaria. Lo stop è giunto a conclusione di un percorso che ha portato la Germania ad abbandonare l’opzione nucleare fin dopo il grave incidente di Fukushima e a privilegiare la produzione elettrica da fonti rinnovabili: nel primo trimestre del 2023, queste hanno infatti coperto il 51% del fabbisogno di energia elettrica contro un risicato 4% del nucleare. L’obiettivo al 2030 è ancora più ambizioso: ottenere un mix energetico composto per l’80% da rinnovabili.

A Parigi, pochi giorni prima, l’Italia invece si univa, in qualità di osservatore, assieme a Belgio e Olanda, ai paesi appartenenti all’Alleanza Nucleare, che concordavano «sulla necessità di un quadro industriale e finanziario favorevole per i progetti nucleari», sottolineando l’importanza dei piccoli reattori modulari che, come scritto nel comunicato finale, «possono contribuire, insieme alle grandi centrali nucleari, al raggiungimento degli obiettivi climatici dell’Ue e alla sicurezza energetica, sviluppando competenze e indipendenza tecnologica».

Secondo fonti governative, l’Italia non avrebbe sottoscritto alcun documento, ma l’aver partecipato alla riunione resta pur sempre un fatto politicamente significativo e coerente con quanto dichiarato dalla Presidente Meloni al termine del Consiglio Europeo del 24 marzo.

L’ITALIA SI AGGANCIA AL TRENO del cosiddetto nucleare pulito e sicuro, seguendo il miraggio della produzione di energia elettrica da fusione nucleare. Tanto ottimismo appare fuori luogo: produrre energia dalla fusione nucleare è tutt’altro che facile.Realizzare il processo di fusione nucleare è stato paragonato a mettere il sole in bottiglia, sicuramente una frase d’effetto, capace di colpire la 
fantasia del pubblico, che però nasconde cosa in realtà ciò significhi. Allora, vale la pena confrontare quello che davvero avviene nel nucleo del sole a 150 milioni di km da noi rispetto a quanto possiamo disporre noi sulla piccola Terra che gli ruota attorno. All’interno della nostra stella c’è un plasma di protoni che, a quattro per volta, grazie a temperatura e pressioni elevatissime (16 milioni di gradi centigradi e 500 miliardi di atmosfere) fondono per dare un nucleo di elio, con un difetto di massa di 0,007, che si traduce in un’enorme quantità di energia secondo la famosa formula di Einstein E = mc2.

Poiché queste estreme condizioni non possono essere riprodotte, nei laboratori terrestri più avanzati si cerca di ovviare all’impossibile replicabilità del processo di fusione solare, imitandone solo il principio. Si ricorre, infatti, ai nuclei di due isotopi dell’idrogeno – il deuterio e il trizio – che, però, non hanno alcuna voglia di fondersi perché, essendo entrambi carichi positivamente, si respingono violentemente. Tuttavia, se si riesce in qualche modo a portarli a contatto, entra in gioco una forza nucleare attrattiva che agisce solo a cortissimo raggio, ma che è molto più intensa della repulsione elettromagnetica: i due nuclei fondono con la formazione di un nucleo di elio (He), l’espulsione di un neutrone e l’emissione di una grandissima quantità di energia che si manifesta sotto forma di calore. Il problema è che, al fine di costringere i nuclei di deuterio e trizio a scontrarsi per poi incollarsi, occorre mantenere confinato il tutto per il tempo necessario a produrre la fusione.

PER OTTENERE CIÒ SI UTILIZZANO principalmente due approcci. Uno si basa sul confinamento magnetico del plasma caldissimo formato dai nuclei di deuterio e trizio: un campo magnetico potentissimo generato dall’esterno costringe questi nuclei a muoversi lungo traiettorie circolari in modo che, giro dopo giro, acquistano l’energia necessaria per dare il processo di fusione. La difficoltà è che il campo magnetico deve essere intensissimo e per mantenerlo tale ci vogliono dei magneti superconduttori che devono lavorare a temperature molto basse (-268 °C). L’altro approccio è quello basato sul confinamento inerziale che consiste nel bombardare con dei potentissimi impulsi laser un piccolo contenitore in cui è presente una miscela solidificata (in quanto freddissima) di deuterio e trizio: si verifica così una intensissima compressione che fa salire contestualmente la pressione e la temperatura (fino a una sessantina di milioni di gradi), tanto da innescare la fusione.

IL PRIMO APPROCCIO È QUELLO che si sta affrontando a Cadarache in Francia da parte di un folto gruppo di paesi, compresi Usa, Ue, Cina e India, noto come il progetto Iter. La dice lunga il fatto che sono già stati spesi 20 miliardi di euro senza essere ancora riusciti a produrre quantità di energia maggiori di quelle utilizzate.

PRESSO LA NATIONAL IGNITION FACILITY (NIF) del Laurence Livermore National Laboratory in California (Usa) si sta invece studiando il secondo approccio. Il 13 dicembre dello scorso anno i giornali di tutto il mondo hanno riportato con grande enfasi che il NIF ha ottenuto un importante risultato: l’energia di 192 laser focalizzata su una sferetta (pellet) contenente deuterio e trizio ha indotto in pochi nanosecondi la loro fusione, generando una quantità di energia (3,15 MJ) leggermente maggiore a quella iniettata dai laser nella sferetta (2,05 MJ).

La cosa passata sotto silenzio è che i 192 laser hanno consumato circa 400 MJ, ai quali va aggiunta l’energia richiesta dalle altre apparecchiature costruite e utilizzate per preparare e seguire l’esperimento. Oltre a vincere la sfida energetica (produrre più energia di quella consumata), per generare energia su scala commerciale si deve vincere un’altra sfida praticamente impossibile: modificare l’apparecchiatura per far sì che produca energia non per una piccolissima frazione di secondo, ma in modo continuo. La maggioranza degli esperti concorda sul fatto che con questo metodo così complicato è impossibile  generare elettricità a costi commerciali competitivi. C’è allora il dubbio che i laboratori di ricerca, per assicurarsi gli ingenti finanziamenti pubblici necessari, cercano di vendere ai decisori e ai cittadini i risultati conseguiti come successi strepitosi e, anche, che la competizione presente da decenni tra confinamento magnetico e confinamento inerziale spinge a dimostrare di essere i più bravi.

Resta sullo sfondo l’inquietante spettro militare, perché il compito primario del NIF non è quello di studiare la fusione per ottenere energia, ma di sfruttarla a fini bellici.

LA FUSIONE NUCLEARE HA MOLTI ALTRI MA. Il primo riguarda il fatto che, indipendentemente dal modo con cui verrà ottenuto questo processo (ammesso che ci si riesca), occorre disporre dei due isotopi dell’idrogeno. Mentre il deuterio è abbastanza abbondante, il trizio è molto raro (è radioattivo e decade con un tempo di dimezzamento di soli 12 anni). Quindi, problema non da poco, ci si imbarca in un’impresa titanica sapendo già in partenza che manca la materia prima. Chi lavora nel settore dice che il trizio potrà essere ottenuto in situ bombardando con neutroni il litio 6, cosa che però aggiunge complessità a complessità.

UN ULTERIORE MA È CONNESSO alla radioattività che i neutroni prodotti nella fusione inducono nei materiali che li assorbono, il che vuol dire che la struttura stessa del reattore diventa radioattiva e che, in fase di dismissione, crea scorie. Anche se in questo caso i tempi di decadimento degli isotopi radioattivi non sono così lunghi come quelli creati dalla fissione, è un falso in atto pubblico definire il nucleare da fusione una tecnologia pulita, perché lascia comunque il problema della difficile gestione delle scorie.

C’È POI UN GROSSO MA LEGATO al confinamento magnetico e, in particolare, al fatto che i superconduttori devono essere raffreddati a elio liquido, un gas molto raro e sicuramente non sufficiente per la gestione dei futuri reattori a fusione dal momento che già ora sta scarseggiando. Qualcuno teme addirittura che a breve non sarà più possibile utilizzare la tecnica Nmr, così importante nella ricerca scientifica e, soprattutto, in ambito diagnostico, proprio perché usa come liquido di raffreddamento l’elio.

LA STORIA DELLA FUSIONE NUCLEARE, dagli anni Cinquanta a oggi, dimostra che questa tecnologia non riuscirà a produrre elettricità a bassi costi e in modo attendibile in un futuro ragionevolmente vicino. Nonostante ciò, l’11 marzo di quest’anno, i giornali hanno riportato che Eni vuole puntare tutto sulla fusione nucleare «perché – ha detto l’ad Claudo Descalzi – permette di ottenere  energia pulita, inesauribile e sicura per tutti: una vera rivoluzione capace di superare le diseguaglianze fra le nazioni e di favorire la pace». Questa affermazione lascia alquanto perplessi dal momento non si capisce come i paesi poveri potranno accedere a una tecnologia così sofisticata e costosa.

Descalzi ha poi aggiunto che nel 2025 sarà pronto un impianto pilota a confinamento magnetico in grado di ottenere elettricità dalla fusione e che nel 2030 sarà operativa la prima centrale industriale basata su questa tecnologia. Sembra che all’improvviso e velocemente verranno risolti i tanti problemi incontrati dagli scienziati che lavorano nel settore da decenni: un vero miracolo! C’è il dubbio, non tanto remoto, che questa sia un’ulteriore mossa di Eni per sottrarre risorse alle già mature ed efficienti tecnologie del fotovoltaico e dell’eolico.

* coordinato dal professor Vincenzo Balzani


mercoledì 21 dicembre 2022

Il Miracolo delle Rinnovabili: Buon Natale a Tutti


Questo è un post che avevo pubblicato qualche giorno fa sul Fatto Quotidiano". E' un po' ottimista, ma abbiamo bisogno di ottimismo. Ce la possiamo fare: andiamo avanti verso un mondo migliore. E Buon Natale! UB


Si sa che i miracoli non sono una cosa tanto frequente e, se uno ha grossi problemi di salute, non è probabile che basti una nuotatina nella piscina di Lourdes per risolverli. Però, è anche vero che alle volte le cose cambiano rapidamente, aprendo nuove possibilità. È quello che sta succedendo con l’energia rinnovabile. Parlare di “miracolo” è un po’ troppo, lo so, ma gli sviluppi recenti della tecnologia ci hanno messo a disposizione uno strumento che fino a pochi anni fa non ci sognavamo nemmeno di avere. E questo potrebbe risolvere certi problemi che una volta sembravano irrisolvibili.

Per anni, sono andato in giro facendo conferenze sul cambiamento climatico e altri guai in vista, come l’esaurimento del petrolio. Di solito, quelli che venivano a sentire erano persone preparate a un messaggio non proprio tranquillizzante, ma il problema era cosa fare in proposito. Alla fine della conferenza, seguiva un dibattito in cui si dicevano sempre le stesse cose: andare in bicicletta, abbassare il termostato di casa, mettere doppi vetri alle finestre, lampadine a basso consumo, cose del genere.

Era un piccolo rituale tranquillizzante ma, in realtà, tutti sapevano che queste non erano vere soluzioni. Non che non servano a niente, ma sono spennellatine di verde su un sistema che continua a dipendere dai combustibili fossili per funzionare. Così, sono almeno vent’anni che si parla di doppi vetri e biciclette, ma le emissioni di CO2 continuano ad aumentare come prima, anzi, più rapidamente di prima. Se non andiamo al cuore del problema, ovvero a eliminare i fossili, non arriviamo a niente. Ma come fare? Fino a pochi anni fa, sembrava che non ci fosse nessun modo eccetto tornare a zappare i campi come nel Medioevo.

Ma oggi le cose sono cambiate radicalmente. Probabilmente non ve ne siete accorti, presi dal dibattito sulle elezioni. Ma che vinca la destra o la sinistra, cambia poco: il cambiamento, quello vero, sta arrivando con le tecnologie rinnovabili. Gli impianti eolici e fotovoltaici sono stati ottimizzati e i fattori di scala hanno generato massicci risparmi sui costi di produzione. Oggi, un chilowattora prodotto da un pannello fotovoltaico costa forse un fattore dieci di meno del chilowattora da gas naturale (e anche un quinto del chilowattora nucleare). Una volta, chiamavamo l’energia rinnovabile “alternativa,” ma oggi tutte le altre sono “alternative”.

Inoltre, produrre energia con impianti rinnovabili non inquina, non richiede materiali non riciclabili, non genera gas serra, non è suscettibile di sanzioni, e nessuno può bombardare il sole per lasciarci senza energia. Ora, non mi fate dire che le rinnovabili hanno risolto automaticamente tutti i problemi. È vero che oggi costano poco, ma è vero anche che non sono gratis. Poi, ci vogliono investimenti per adattare le infrastrutture energetiche di tutto il paese, per creare dei sistemi di stoccaggio dell’energia, e molto altro. Non sono cose che si possano fare in un mese, e nemmeno in pochi anni. Si parla di un decennio, come minimo, per arrivare a un sistema energetico basato principalmente sulle rinnovabili.

Ma è anche vero che ogni viaggio comincia dal primo passo. E adesso vediamo davanti a noi una strada da percorrere. Una strada che ci porta verso un mondo più pulito, più prospero e, sperabilmente, meno violento. Non ho smesso di andare in giro a fare conferenze ma, adesso, posso proporre delle soluzioni reali. E non sono solo io a essermi reso conto del cambiamento. Nel dibattito, oggi si sente l’entusiasmo di poter fare qualcosa di concreto. Molta gente chiede se possono installare pannelli fotovoltaici a casa loro. Altri raccontano di averlo già fatto. Alcuni sono arrabbiati neri (giustamente) con la burocrazia che gli impedisce di installare sul loro tetto o nel loro giardino. Lo vedete anche nelle discussioni sui social media.

C’è sempre qualcuno che parla contro le rinnovabili ragionando come i flagellanti medievali che andavano in giro gridando “ricordati che devi morire”. Ma c’è anche chi gli risponde per le rime, tipo, “e allora andate pure a vivere felici nella vostra grotta insieme agli altri cavernicoli.” (o anche, come Massimo Troisi, “mo’ me lo segno”). Se avete un balcone esposto a sud (e se il vostro comune non vi mette i bastoni fra le ruote), potete già installare dei pannelli fotovoltaici appesi alla ringhiera che vi aiuteranno a ridurre la bolletta dell’elettricità. Un pezzetto per volta, ci riusciremo!



lunedì 10 ottobre 2022

Il Miracolo delle Rinnovabili

  


Questo post che ho pubblicato sul "Fatto Quotidiano" ha avuto un certo successo. Mi aspettavo i soliti insulti e accidenti che mi arrivano ogni volta che propongo le rinnovabili come una cosa seria, e li ho avuti, ma non così tanti come mi immaginavo. Sembra che i rompiscatole che pullulano nei commenti sul "Fatto" siano rimasti ammutoliti di fronte all'evidenza dei fatti. Ho anche avuto molti commenti favorevoli su FB, e messaggi privati di persone che vogliono approfondire l'argomento, incluso qualche politico di medio rango. E quindi, bene così, andiamo avanti: non abbiamo più bisogno di miracoli. Ne abbiamo già avuto uno e per ora ci basta. 



Da "Il Fatto Quotidiano dell' 8 Ottobre 2022

di Ugo Bardi – Settembre 2022


Si sa che i miracoli non sono una cosa tanto frequente e, se uno ha grossi problemi di salute, non è probabile che basti una nuotatina nella piscina di Lourdes per risolverli. Però, è anche vero che alle volte le cose cambiano rapidamente, aprendo nuove possibilità. E’ quello che sta succedendo con l’energia rinnovabile. Parlare di “miracolo” è un po’ troppo, lo so, ma gli sviluppi recenti della tecnologia ci hanno messo a disposizione uno strumento che fino a pochi anni fa non ci sognavamo nemmeno di avere. E questo potrebbe risolvere certi problemi che una volta sembravano irrisolvibili.

Per anni, sono andato in giro facendo conferenze sul cambiamento climatico e altri guai in vista, come l’esaurimento del petrolio. Di solito, quelli che venivano a sentire erano persone preparate a un messaggio non proprio tranquillizzante, ma il problema era cosa fare in proposito. Alla fine della conferenza, seguiva un dibattito in cui si dicevano sempre le stesse cose: andare in bicicletta, abbassare il termostato di casa, mettere doppi vetri alle finestre, lampadine a basso consumo, cose del genere.

Era un piccolo rituale tranquillizzante ma, in realtà, tutti sapevano che queste non erano vere soluzioni. Non che non servano a niente, ma sono spennellatine di verde su un sistema che continua a dipendere dai combustibili fossili per funzionare. Così, sono almeno vent’anni che si parla di doppi vetri e biciclette, ma le emissioni di CO2 continuano ad aumentare come prima, anzi, più rapidamente. Se non andiamo al cuore del problema, ovvero a eliminare i fossili, non arriviamo a niente. Ma come fare? Fino a pochi anni fa, sembrava che non ci fosse nessun modo eccetto tornare a zappare i campi come nel Medio Evo.

Ma oggi le cose sono cambiate radicalmente. Probabilmente non ve ne siete accorti, presi dal dibattito sulle elezioni. Ma che vinca la destra o la sinistra, cambia poco: il cambiamento, quello vero, sta arrivando con le tecnologie rinnovabili. Gli impianti eolici e fotovoltaici sono stati ottimizzati e i fattori di scala hanno generato massicci risparmi sui costi di produzione. Oggi, un chilowattora prodotto da un pannello fotovoltaico costa forse un fattore dieci di meno del chilowattora da gas naturale (e anche un quinto del chilowattora nucleare). Una volta, chiamavamo l’energia rinnovabile “alternativa,” ma oggi sono tutte le altre che sono alternative. Inoltre, produrre energia con impianti rinnovabili non inquina, non richiede materiali non riciclabili, non genera gas serra, non è suscettibile di sanzioni, e nessuno può bombardare il sole per lasciarci senza energia.

Ora, non mi fate dire che le rinnovabili hanno risolto automaticamente tutti i problemi. E’ vero che oggi costano poco, ma è vero anche che non sono gratis. Poi, ci vogliono investimenti per adattare le infrastrutture energetiche di tutto il paese, per creare dei sistemi di stoccaggio dell’energia, e molto altro. Non sono cose che si possano fare in un mese, e nemmeno in pochi anni. Si parla di un decennio, come minimo, per arrivare a un sistema energetico basato principalmente sulle rinnovabili. Ma è anche vero che ogni viaggio comincia dal primo passo. E adesso vediamo davanti a noi una strada da percorrere. Una strada che ci porta verso un mondo più pulito, più prospero e, sperabilmente, meno violento.

Non ho smesso di andare in giro a fare conferenze ma, adesso, posso proporre delle soluzioni reali. E non sono solo io ad essermi reso conto del cambiamento. Nel dibattito, oggi si sente l’entusiasmo di poter fare qualcosa di concreto. Molta gente chiede se possono installare pannelli fotovoltaici a casa loro. Altri raccontano di averlo già fatto. Alcuni sono arrabbiati neri (giustamente) con la burocrazia che gli impedisce di installare sul loro tetto o nel loro giardino. Lo vedete anche nelle discussioni sui social media. C’è sempre qualcuno che parla contro le rinnovabili ragionando come i flagellanti medievali che andavano in giro gridando “ricordati che devi morire”. Ma c’è anche chi gli risponde per le rime, tipo, “e allora andate pure a vivere felici nella vostra grotta insieme agli altri cavernicoli.” (o anche, come Massimo Troisi, “mo’ me lo segno”).

Se avete un balcone esposto a sud (e se il vostro comune non vi mette i bastoni fra le ruote), potete già installare dei pannelli fotovoltaici appesi alla ringhiera che vi aiuteranno a ridurre la bolletta dell’elettricità. Un pezzetto per volta, ci riusciremo!

giovedì 12 maggio 2022

Amo la Chimica -- Non amo le rinnovabili. La campagna contro l'energia pulita continua


Un sito molto artigianale a favore delle rinnovabili -- non è finanziato da nessuno. Ma se vogliamo veramente che l'energia rinnovabile si diffonda, dobbiamo fare molto meglio di così


Ho scoperto recentemente un Web sito intitolato "io amo la chimica" del quale non sto a darvi il link, per non portargli ulteriore traffico.  Sembra un sito informativo "pro bono" e ci sono anche degli articoli interessanti. Ma è anche un sito pro-nucleare e anti-rinnovabili. Ci trovate un articolo che critica pesantemente Armaroli e Balzani, i massimi esperti italiani di energia rinnovabile, dicendo che le rinnovabili, in sostanza, non servono a nulla. C'è anche un articolo pro-inceneritori (anzi, i "termovalorizzatori"), ci sono articoli favorevoli all'energia nucleare e cosette del genere.

Non è che ci sia niente da criticare se una persona che la pensa in un certo modo esprime le sue idee sul Web. Ma non posso fare a meno di notare che questo sito è un lavoro evidentemente professionale. Esiste in almeno quattro versioni: sito Web, Facebook, Instagram, e Twitter (e mi sembra che ci sia anche su YouTube). Su Facebook ha 12.000 followers, su Instagram ne ha 4000. Allora, è facile fare un sito Web artigianale come "Effetto Seneca," che state leggendo, ma tirar su oltre 10000 followers su FB richiede una gestione professionale. Lo stesso per un sito Web professionale che abbia un impatto. Non sono costi trascurabili e qualcuno li deve aver pagati. 

Nulla vieta di pensare che il gestore di "Amo la Chimica" abbia tirato fuori di tasca propria i soldi per questa impresa, o per mezzo di una colletta fra i suoi amici che "amano la chimica." Ma mi sembra più probabile che qualcuno abbia finanziato il sito e la sua gestione per ragioni commerciali. Intendiamoci, anche questa è cosa perfettamente lecita. Se l'industria dei fossili e quella dell'energia nucleare vogliono fare una campagna pubblicitaria per affossare i loro concorrenti principali, le rinnovabili, nulla glie lo impedisce.

Questo tipo di campagna pubblicitaria sta avendo successo, anche perché è fatto in modo intelligente e prende ispirazione da certi concetti cari al movimento ecologista, cercando di presentare le rinnovabili come il vero nemico dell'ambiente. Allora, non ci stupiamo se ci sono rallentamenti e ostilità di ogni sorta contro le rinnovabili. Finché l'industria delle rinnovabili non reagisce con gli stessi metodi, continueremo a dipendere dai combustibili fossili. 

Nel seguito, Luca Pardi (ricercatore CNR) esamina il sito in questione facendo alcune interessanti osservazioni, tipo quella dei "conformisti dell'anticonformismo" che "disegnano un conformismo inesistente, in questo caso l'ecologismo pro-rinnovabili, e si schierano con la conformità esistente: fossili + nucleare, per difendere lo status-quo".  

Ecco qua il pezzo di Luca Pardi


Amo la Chimica -- Non amo le Rinnovabili
di Luca Pardi


(Quelle del sito "Amo la Chimica") sono cose già dette in molte occasioni. In parte sono determinate anche da una presa di coscienza, non negativa, della limitatezza delle geo-risorse, oltre ai combustibili fossili, che è un tema che hai trattato anche tu nei tui libri: "La terra svuotata" (2011) ed "Extracted" (2014). Senza risalire a LTG, il primo specifico allarme sul ciclo di feedback energia- minerali- energia che io ricordo è quello del testo "Quel futur pour le metaux?" (2010) di Bihouix e de Guillebon.

Quello che è venuto dopo è una presa d'atto dell'allarme, a volte usata per dimostrare che le rinnovabili non sono più sostenibili delle altre fonti energetiche e, soprattutto, del nucleare. Il che è evidentemente una forzatura con una base di verità, i limiti delle geo-risorse appunto.

Quello che questa visione non tiene in debito conto sono due aspetti:

1) molti materiali sono riciclabili in modo efficace quasi ad libitum, basta volerlo. Le terre rare utilizzate in una turbina eolica possono essere recuperate facilmente, un po' meno il litio degli accumulatori, ma sicuramente le cose miglioreranno (anche se credo che la Scienza in quanto investigazione del mondo sia ad un punto di stallo, penso che ci sia largo margine per lo sviluppo tecnologico). Se non si fa è per un transiente storico- economico che farà presto a passare. Il vecchio slogan, riparazione- riuso -riciclo non è retorica ecologista, è quanto fanno tutte lo società umane (e non?) quando si trovano a toccare i limiti della propria espansione.

2) Molti materiali sono sostituibili. Non è detto che un motore elettrico debba contenere terre rare, i magneti permanenti esistevano anche prima del neodimio. Non è detto che si debba usare solo rame, anche l'alluminio è un buon conduttore (anche se farci dei fili non è semplice) e così via. Silicio? Non avremo mica il problema del silicio vero?

Il tipo di messaggio di "Io amo la chimica" è tipico di un genere di conformisti dell'anticonformismo. Disegnano un conformismo inesistente, in questo caso l'ecologismo pro-rinnovabili, e si schierano con la conformità esistente: fossili + nucleare, per difendere lo status-quo, facendo la figura dei guerrieri solitari della razionalità scientifica. Di persone di questo tipo nel nostro ambiente accademico ne ho incontrate a centinaia ormai. E hanno sempre dei nuovi allievi.

Un altro discorso del genere si verifica sui temi economici: l'anticonformista-conformista stabilisce che tutto ciò che è pubblico (Lo Stato) è male, poi cerca di convincere che i problemi dipendono dal troppo Stato (dopo oltre tre decenni di smantellamento) per perorare la superiorità del mercato e, soprattutto, la necessità di abbassare le tasse (ai ricchi). Il fondo di verità dipende dal fatto che gli stati tendono ad essere inefficienti e corrotti, burocratici ecc.

Far funzionare bene la cosa pubblica è come far funzionare un sistema energetico sostenibile, ci vuole la volontà politica, e per arrivare a questo esito si devono sconfiggere i nemici, quelli che remano contro. Non credo ci sia una via diversa.

A questo tipo di messaggio non c'è altra via che contrapporre un messaggio razionale e scientifico:

1) I materiali che estraiamo dalla crosta terrestre, al contrario dei fossili, sono riciclabili e il riciclo può, e dovrebbe, essere spinto al limite termodinamico (II principio)

2) I materiali possono essere sostituiti (un argomento che va rubato ai cornucopiani)

3) Le tecnologie hanno ampio margine di miglioramento. Quelle relative alle rinnovabili possono solo migliorare la situazione, quelle legate alle fossili no. Secondo me su questa strada si possono fare concessioni verbali anche al nucleare che secondo me si affossa da solo (ma posso sbagliare).

4) "Amo la vita", più della chimica, perché noi ne siamo parte, l'unica sostenibilità è un rientro all'interno della capacità di carico (che abbiamo ampiamente superato). La transizione energetica deve traghettare l'umanità a questo approdo, quindi le rinnovabili sono sostenibili, come qualsiasi cosa, solo nel quadro di un rientro di popolazione e consumi nell'alveo della sostenibilità. Il resto sono discorsi da accademici.


Luca Pardi



martedì 3 maggio 2022

La società del girasole: un nuovo paradigma per la transizione energetica

 


Non abbiamo molto tempo. Limitare il riscaldamento globale a 1,5°C sembra quasi irraggiungibile poiché il bilancio di carbonio rimanente si sta rapidamente esaurendo. Al contrario, emettiamo sempre più gas serra nell'atmosfera; ogni minuto che passa ci avvicina alla catastrofe climatica.


Di Harald Desing ( riprodotto da Medium )

La finestra d'azione si sta rapidamente riducendo, quindi mi chiedevo: possiamo accelerare la transizione energetica e quindi ridurre i rischi climatici?

Considerando l'energia disponibile come unico fattore limitante, la transizione può essere sorprendentemente veloce, nell'ordine di anni e non di decenni. Tuttavia, l'accumulo di energia è decisivo: più ne vogliamo, più lenta diventa la transizione, perché le attuali tecnologie di accumulo sono energeticamente costose da costruire, come le batterie, o da far funzionare, come i combustibili sintetici. Possiamo affrontare questo dilemma in due modi: o investendo nello sviluppo di nuove tecnologie di accumulo sia a bassa energia incorporata che ad alta efficienza. Ma lo sviluppo tecnologico richiede tempo, che non abbiamo più. Oppure, allineiamo la nostra domanda di energia alla fornitura rinnovabile nel miglior modo possibile, riducendo al minimo la domanda di stoccaggio.

Negli ultimi decenni, ci siamo abituati a usare l'energia ogni volta che lo desideriamo. Ciò mette a repentaglio una rapida transizione, poiché l'abbinamento dei nostri attuali modelli di consumo alla fornitura rinnovabile richiederebbe un'enorme quantità di stoccaggio. Nel dibattito sulla transizione, questo è spesso considerato l'ostacolo chiave per raggiungere un sistema energetico privo di fossili.

In contrasto con le limitazioni biofisiche per salvare un clima ospitale, i nostri modelli di consumo non sono scontati. Possiamo e dobbiamo ripensare fondamentalmente al modo in cui utilizziamo l'energia. Seguendo il corso del sole, proprio come fanno i girasoli, possiamo programmare le nostre attività più energivore intorno a mezzogiorno e in estate, riducendo al minimo la domanda di notte e in inverno.

Un tale cambio di paradigma richiede principalmente una visione diversa; una visione che spezza le catene del sempre più veloce, più alto, più grande, migliore; tenendoci in una spirale futile di distruzione ambientale, angoscia mentale, avidità e competizione. Con più tecnologia, più produzione e lavorando di più, non salveremo il pianeta né creeremo un futuro desiderabile.

Invece, abbiamo bisogno di meno di tutto ciò che è fisico e più di tutto ciò che è umano. Introdurrò qui la visione di una società del girasole, che mira al raggiungimento della stabilità climatica attraverso i seguenti principi:

  • Evita la domanda di energia, evita anche di immagazzinarla: sufficienza negli stili di vita; migliorare l'efficienza energetica per una domanda difficile da spostare, come l'illuminazione notturna.
  • Fornisci tutta l'energia solare fotovoltaico sulla superficie già sigillata di edifici, parcheggi e altre infrastrutture: questo evita la conversione del suolo e non danneggia la fauna; la costruzione di una capacità fotovoltaica di grandi dimensioni comporta costi molto inferiori per l'energia e i materiali e può aiutare a evitare lo stoccaggio attraverso la riduzione.
  • Concentra la domanda di energia intorno alle ore di punta del sole: stimolata da tariffe energetiche orarie che riflettono i reali costi di stoccaggio; passaggio da operazioni continue a batch dei processi industriali; cambiare i modelli di comportamento e concentrare le attività fisiche nelle ore di sole.
  • Utilizza tecnologie che non richiedono stoccaggio: ad esempio, modalità di trasporto connesse alla rete, come treni e filobus, anziché veicoli elettrici a batteria.
  • Sposta la domanda di energia attiva in energia passiva incorporata nei materiali: trasformare le case in case passive; leggere libri, condivisi attraverso le biblioteche, invece di contenuti online la sera.

Poiché tendiamo a percepire il “meno” come sacrificio, sono convinto che qualsiasi visione per un futuro sostenibile debba essere percepita come un vero passo avanti. In contrasto con la narrativa tecno-ottimista prevalente, la visione di una società del girasole può portare a un aumento sostanziale di tutto ciò che conta veramente nella vita: tempo di qualità, cooperazione, comunità, riconoscimento, supporto, amicizia, amore,...

Meno è meglio: ad esempio, vivere in uno spazio piccolo riduce fondamentalmente la domanda di energia per persona. E si ha meno spazio per accumulare cose inutili, riducendo i consumi e tutte le preoccupazioni associate in cambio. Riduce il tempo speso a lavorare per permettersi la propria casa e per mantenerla in buono stato. Semplicemente, c'è più tempo di qualità e capacità mentali disponibili per se stessi, la propria famiglia e la comunità.

La riduzione e lo spostamento della mobilità ha un effetto simile. Viaggiare e muoversi sono essenziali per aprire e arricchire la propria mente, nonché per costruire e interagire nelle comunità. Tuttavia, questo può essere ottenuto molto meglio con i mezzi di trasporto lenti e pubblici: il viaggio è la ricompensa. Incontrare persone che altrimenti non avresti incontrato, vivere la distanza e la natura che altrimenti saresti semplicemente precipitato lascia sicuramente un'esperienza più ricca e diversa del previsto. E inutile dire che non possedere un'auto ti fa risparmiare un sacco di tempo perso per guidare, lavorare per permetterselo, prendersene cura, stare negli ingorghi, cercare parcheggio,... Inoltre, il trasporto pubblico ha un rischi mille volte inferiori che guidare la propria auto. E cosa abbiamo contro il noleggio o la condivisione di un'auto per quelle occasioni in cui ne hai davvero bisogno?

Immagina le città senza auto: che miglioramento della qualità della vita potrebbe essere! Immagina lo spazio pubblico che possiamo recuperare per le nostre comunità: giardinaggio urbano, parchi, parchi giochi, aree sportive, feste all'aperto, mercatini delle pulci, tutto davanti alla nostra porta. Nessun inquinamento atmosferico, nessun inquinamento acustico, nessun incidente stradale: chi può davvero dire che questo sarebbe un passo indietro piuttosto che un enorme balzo in avanti?

Costruire una società del girasole ci consentirà di sbarazzarci dei combustibili fossili nel giro di pochi anni, riducendo le emissioni cumulative di carbonio e di conseguenza i rischi climatici. Libererà ulteriormente la capacità per il prossimo gigantesco compito dopo l'urgente transizione energetica: rimuovere la CO2 in eccesso dall'atmosfera e ripristinare gli ecosistemi.